In treno oltre i 3000 metri, poi a casa dei Chagra, gli indigeni che allevano mucche da latte e cavalli nel Paramo, un altopiano tra 3200 e 3800 metri ai piedi dei crateri
Il convoglio oscilla in curva, avanza incerto tra campi coltivati a mais e dominati dalle cime di vulcani altissimi con nomi difficili da pronunciare. Atacazo, Corazon, Pasochoa. Ruminahui, Sincholaua: crateri tra i 4000 e i 5000 metri. Quando la coltre di nubi che fodera il cielo s’apre appare un paesaggio maestoso, il Viale dei Vulcani. Lo godiamo a 360 gradi perché, come s’usa in Ecuador, stiamo viaggiando sul tetto dei vagoni. Partito da Tambillo, alle porte di Quito, il treno conduce al parco nazionale di Cotopaxi – coi suoi 5897 metri è (insieme al Chimborazo, 6310 metri) una delle mete alpinistiche più ambite dell’Ecuador: la sua ascensione fu una delle imprese di Ronald Messner nelle Ande. Il cielo si ricopre, quassù il tempo cambia continuamente: il paesaggio è desolato, lunare. Sostiamo al ristorante, un rifugio di fronte alla vetta, che s’intravede appena tra nubi nere. Poi l’orizzonte si squarcia, il sole illumina il ghiacciaio e indora l’erba dell’altopiano piegata dal vento: è uno scenario surreale che profuma di magia. Ripenso alle parole pronunciate pochi giorni da Daniel Artos, uno sciamano di Illuman, un villaggio indigeno a nord di Quito: . In questa regione andina ci sono 150 curanderos, autorizzati dal Ministero della Salute, perché l’Ecuador – Paese a maggioranza indigena – riconosce il valore delle loro pratiche tradizionali a fianco della medicina allopatica. Qui però non si tratta di curare con le erbe: è vera magia, bianca ma anche nera. Sul tavolo di Daniel ci sono piramidi, sfere, pietre, figure di animali in terracotta e – in una vetrinetta – statue di Gesù, Madonna e Santi. Quest’uomo pensa d’avere poteri divini e, per 20 dollari, caccia il malocchio indossando una copricapo di penne e sputando fiamme con arnesi da mangiafuoco. La fiammata caccia il male. Le pietre sono magnetiche. Per gli obiettivi più ambiziosi bisogna rivolgersi a lui di lunedì e di venerdì: i giorni più propizi. I clienti sono persone ammalate ma anche giovani che chiedono più energia per trovare un lavoro, ragazze afflitte da pene d’amore e invidiosi che vogliono il male altrui. Perché lo sciamano toglie il malocchio ma può anche procurarlo. Basta una foto della persona in questione per rovinare la sua vita con un rito magico. Questa è la ragione per cui gli indigeni non vogliono essere fotografati.
Sulla Sierra, nel Paramo – l’altopiano tra i 3200 e i 3800 metri ai piedi dei vulcani – si incontra una delle figure più mitiche dell’Ecuador: i Chagra. Allevatori, per lo più indigeni e meticci, che vivono in fattorie con mucche da latte e cavalli. Uomini e donne con la pelle cotta dal vento gelido e dal sole d’alta quota, i cowboy delle Ande che indossano il poncho e vivono a cavallo. Gente schiva ma gentile che conduce una vita dura, in un clima uggioso, lontano da attrazioni e comfort delle città. Ai piedi del Cotopaxi, all’Hacienda El Porvenir, hanno tre stanze per i turisti. E ci portano a cavalcare sul Paramo. Le nubi si aprono ancora una volta, appare la vetta del vulcano, sul volto del Chagra che ci accompagna appare un sorriso, il sole qui è sinonimo di felicità.
Baños, località termale grazie a sorgenti calde d’acqua sulfurea, è la porta dell’Amazzonia, dove il cono del vulcano Tungurahua domina una valle squarciata da cascate e votata agli sport estremi. Poi si incontra Puyo, la base per escursioni nella foresta pluviale con guide naturaliste: ottimo birdwatching. Il Jardin Botanico Los Orquideo, mescola varietà floreali delle Ande e dell’Amazzonia. Il Omaere Ethnobotanical Park, sulla strada per Tena, illustra in 15 ettari il rapporto tra le popolazioni indigene Shuar e Huaorani e l’ambiente amazzonico, dove la vita è stata possibile grazie all’abbondanza botanica: piante da mangiare, altre per curarsi, costruire le capanne, avere esperienze mistiche.Il Museo Etnografico Huaorani di Puyo racconta tradizioni e usi tribali di questo popolo amazzonico. Chi è allenato può andare da Baños a Puyo in bicicletta (60 km), sulla strada – in gran parte asfaltata - bordata dalla giungla si incontrano gole e cascate come Pailón del Diablo, una delle più imponenti dell’Ecuador.
La regione più importante dell’Ecuador per la biodiversità è lo Yasuni National Park, situato all’estremo nord-est del Paese, copre un’area di 1 milione di ettari di paludi, lagune, fiumi, laghi e foreste. Dal 1979 è protetto dall’Unesco nel progetto Biosfera Internazionale. È l’ultima wilderness dell’Ecuador. Ospita 600 specie di uccelli (un terzo di quelli amazzonici), 170 mammiferi, 560 pesci, 300 tra rettili e anfibi. L’integrità del parco – la regione Ishpingo-Tambococha-Tiputini - è però minacciata dai ricchi giacimenti di petrolio rinvenuti nel suo sottosuolo (valutati in 900 milioni di barili), una forte tentazione per un Paese povero come l’Ecuador con un pesante debito pubblico, ma l’estrazione distruggerebbe l’ecosistema dell’ultima regione selvaggia della Nazione. Finora il governo, supportato da organizzazioni ambientaliste, non ha autorizzato l’estrazione sostenendo che il Paese può compensare le entrate con i carbon credits che la foresta dovrebbe produrre grazie alla riduzione di CO2 che genera. Nell’agosto 2010 il governo di Quito ha firmato un accordo con l’Unesco in questo senso per avere compensazioni monetarie da Paesi e industrie a debito di CO2. I risultati sono tutti da verificare.