I LAGHI BLU DI JIUZHAIGOU E HUANGLONG

Ecoturismo nel Sichuan, nella Cina occidentale, per scoprire un volto sconosciuto del gigante giallo. E incontrare i panda.

In Cina, nel nord-ovest della provincia del Sichuan, si trova una delle più straordinarie serie di laghi del mondo, inserita nel 1992 dall’Unesco nella lista dei luoghi considerati patrimonio dell’umanità. É il parco nazionale di Jiuzhaigou con uno scenario di laghi, cascate, foreste di conifere e vette innevate che ricorda le Montagne Rocciose degli Stati Uniti. Qui non ci sono però ranger e cow-boys, ma templi buddisti ed etnie tibetane e qiang che vivono in villaggi di case di legno,  indossano variopinti costumi tradizionali e vivono allevando gli yak. Ciò che distingue gli oltre cento laghi di Jiuzhaigou è il colore dell’acqua che, per la presenza di una varietà di carbonato di sodio, è trasparente e di un blu sovrannaturale che cambia di intonazione nel corso della giornata. Nel parco, ha una superficie di 600 kmq, si snoda un itinerario tra specchi d’acqua dai nomi romantici e dall’aspetto magico. C’è il lago del Drago Addormentato: raffigurato da braccia di terra coperte di vegetazione che si inoltrano tra acque cobalto. Il lago dei Cinque Fiori circondato di boschi di azalee di tutte le tinte. Il lago dei Cinque Colori, situato al fondo di un ripidissimo sentiero da cui il suo blu appare come in un miraggio. E il lago Lungo, chiuso tra cime nevose, dove si compiono escursioni in barca. Tra le molte cascate, le più spettacolari sono le Nuorilang, quelle delle Perle e quelle del Panda. Il Sichuan ospita l’80 per cento del migliaio di panda sopravvissuti in Cina. Avvistarli a Jiuzhaigou non è facile,  li si può invece vedere da vicino nella riserva di Chengdu, capitale della provincia e base per raggiungere il parco, dove gli zoologi studiano come impedirne l’estinzione. A Jiuzhaigou è vietato l’accesso a mezzi privati, si visita il parco con un bus che compie un itinerario circolare sostando nei 28 punti di maggiore interesse paesaggistico.

Sulla strada che riporta a Chengdu, poco prima di Songpan, si lascia la strada principale per una deviazione di 42 km - attraverso un passo a 4200 metri, dove ragazzi tibetani propongono ai visitatori escursioni a cavallo – che porta al parco nazionale di Huanglong (3200 metri). Da qui - camminando per due ore tra boschi di azalee nello scenario maestoso dei monti Min Shan - si raggiunge il Lago dei Cinque Colori, formato da decine di pozze di un blu sovrannaturale che cambia di intonazione nel corso della giornata (anche qui grazie carbonato di sodio) che, a 3700 metri, digradano tra calde sorgenti sulfuree.

VEDERE IL PANDA A CHENGDU

Vedere il Panda è il sogno dei milioni di occidentali che ogni anno visitano la Cina. Il Chengdu Research Base of Giant Panda, aperto al pubblico, è la meta preferita di europei e americani in viaggio nel Sichuan, il luogo dove si ha la certezza di incontrare l’orsetto cinese assunto a simbolo del WWF.

 L’INSEMINAZIONE ARTIFICIALE HA SALVATO IL PANDA

Il pericolo di estinzione dell’orso cinese, diventato il simbolo della difesa della natura su magliette e distintivi del WWF, sembra scongiurata grazie al successo di un progetto di inseminazione artificiale che ha permesso la nascita in cattività di molti cuccioli. Lo afferma il Chengdu Research Base of Giant Panda, il centro di ricerca alla periferia della capitale del Sichuan che, dal 1987, è impegnato nella lotta per impedire la scomparsa del panda maggiore (Ailuropoda melanoleuca) e del panda minore (Ailurus fulgens), detto anche panda rosso per il colore del suo pelo, o orso gatto per l’incedere felino.

Negli anni Settanta la sopravvivenza del panda maggiore fu seriamente minacciata dal disboscamento delle fitte foreste di bambù e conifere della Cina sud-occidentale, dove fin dal Pleistocene (circa 600.000 anni fa) questa specie vive a un’altitudine tra i 1500 e i 3000 metri. Nelle regioni montuose di Sichuan, Yunnan e Shanxi, culla della specie, le foreste sono state progressivamente ridotte dai 780.000 kmq originari ai 215.000 odierni. La deforestazione ha provocato l’isolamento dei gruppi di animali. E la distruzione del loro habitat - ridotto nel solo Sichuan (dove vive l’80% del migliaio di panda rimasti) dai 21.000 kmq del 1974 ai 10.400 del 1989 - ha reso loro sempre più difficile il rifornimento di cibo. Nonostante la struttura da carnivoro, il panda è vegetariano, si nutre di 40 diverse varietà di bambù, di cui mangia in estate i germogli (fino a 40 chili al giorno) e in inverno foglie e rami (fino a 14 chili al giorno): la ricerca e la masticazione del bambù assorbe due terzi del suo tempo. Al declino della specie ha contributo anche il basso livello riproduttivo: dopo l’accoppiamento in primavera, la femmina partorisce un solo cucciolo (raramente due) a fine agosto.

Per correre ai ripari, il governo cinese trasformò la sopravvivenza del panda in una questione di prestigio nazionale. Più che da una improbabile vocazione ecologica, i dirigenti di Pechino erano spinti da una questione di orgoglio - il Panda è uno dei simboli della Cina nel mondo - e dall’interesse a sviluppare l’industria turistica. Così Pechino avviò, in collaborazione con il WWF, un progetto per la sua salvaguardia. Iniziò nel 1987 con l’allestimento di un’area di 5,5 ettari (più tardi estesa a 35,4 ettari) per l’accoglienza, l’alimentazione e la riproduzione della specie. La prima nascita di un panda in cattività fu registrata nel 1963 allo zoo di Pechino, tra quell’anno e il 1993 sono venuti alla luce 143 cuccioli sotto il controllo dell’uomo, grazie al miglioramento delle tecniche di inseminazione artificiale che - dopo i primi esperimenti nel 1978 - dal 1980 impiega seme congelato.  ha spiegato Chng Soh Koon, portavoce della sezione asiatica del WWF International.  aggiunge Chng Soh Koon. Si tratta della seconda parte del progetto per salvare il panda - a cui collaborano gli zoo di Pechino e Chengdu e il centro di ricerca di Wolong (a cui da 25 anni collabora il WWF): prevede la creazione di 14 nuove riserve (oltre alle 13 già esistenti), di 17 corridoi protetti e di 32 “stazioni” di habitat su di un’area complessiva di 18.000 kmq (tra cui 6500 di habitat della specie) sparsi tra Sichuan, Shanxi e Gansu.

28/06/2011

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