IN AMAZZONIA PER SALVARSI DAL COVID GLI INDIGENI DEVONO RESTARE NELLA FORESTA

La pandemia pone nuove sfide per la conservazione socio-ambientale, ha trasformato l'impegno della biologa Emanuela Evangelista di Amazônia Onlus, oggi focalizzata sulla sopravvivenza degli indigeni. Un grido d'allarme dal mondo degli ultimi.

Amazônia Onlus

Nel 2020 l'emergenza Covid ha avuto un effetto devastante in Amazzonia e, recentemente, si è intensificata. Un nuovo ceppo del virus ha travolto e debilitato per la seconda volta il sistema sanitario a Manaus e si sta ora diffondendo rapidamente nell’entroterra. Il fabbisogno giornaliero di ossigeno nella capitale di Amazonas è di 80.000 litri al giorno - 3 volte il normale - e la produzione locale non riesce a tenere il passo con l’enorme richiesta. Le comunità indigene e tradizionali hanno una sola possibilità di proteggersi dal virus – spiega Emanuela - restare in foresta.

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Indigeno a caccia, foto Luca Locatelli

L'EMERGENZA SI È SPOSTATA DAL SOCIALE AL SANITARIO

Amazônia Onlus, fondata dalla biologa Emanuela Evangelista nel 2004, sostiene i nativi dell'Amazzonia per la protezione della foresta tropicale e della sua biodiversità. Normalmente, l’organizzazione lavora per offrire formazione, salute e reddito alle comunità locali ma, dall'inizio dell'emergenza Covid, ha dovuto concentrare tutte le sue azioni in una sola direzione: quella di proteggere i nativi. 'Abbiamo dovuto agire rapidamente e con modi e mezzi di un’organizzazione umanitaria per le emergenze, una sfida tutta nuova. Abbiamo condotto un’intensa campagna di comunicazione di rischio, per informare le comunità lungo i fiumi, sensibilizzare e allertare anche le famiglie più isolate sui pericoli del contagio e sulla necessità di ridurre gli spostamenti verso i centri urbani. Ne è risultato un isolamento volontario, regolato da accordi interni ai villaggi e intercomunitari' afferma Emanuela Evangelista, Presidente di Amazônia Onlus e membro della Species Survival Commisson dello IUCN, che dal 2000 lavora in Amazzonia, dove vive dal 2013.

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Capanna indigena, foto Luca Locatelli

L'AUTOISOLAMENTO METTE IN PERICOLO LA POPOLAZIONE

I piccoli villaggi amazzonici, isolati e accessibili solo in barca, non hanno commerci alimentari, nessuna assistenza sanitaria né farmaci né trasporto d’emergenza, il che rende gli abitanti estremamente vulnerabili in caso di contagio. Questi vivono principalmente di pesca, caccia e raccolta, ma dipendono anche dalle città lontane per una rete di scambi. 'L’isolamento in queste regioni crea un problema di sicurezza alimentare – continua la biologa - servono scorte, viveri e materiale per procacciarsi il cibo, servono medicine, prodotti di igiene e beni di prima necessità. La carenza di rifornimenti può compromettere il tentativo di autoisolamento e mettere in pericolo l’intera popolazione. Per questo, da aprile 2020, stiamo distribuendo il necessario per la sopravvivenza alle 250 famiglie del Parco Nazionale dello Jauaperi, circa 1200 abitanti. Abbiamo già consegnato 40 tonnellate di prodotti ma lo stato d’emergenza continua'.

Ad oggi, questo enorme sforzo ha permesso di contenere la diffusione dei contagi, che intorno al Parco sono invece numerosi. 'L’emergenza è grave, ma la foresta ci sta proteggendo' conclude la biologa.

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In barca sul fiume, foto Barry Cawston

Informazioni sui progetti di Amazônia Onlus www.amazoniabr.org/it/

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11/02/2021

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