IN GROENLANDIA TRA INUIT E GHIACCIAI

In volo sul'Indlandis, lo sterminato ghiacciaio centrale, in trekking sui monti del Sud e in barca con i pescatori Inuit

Sono i riflessi bianchi e bluastri degli iceberg ad annunciare la Groenlandia. Dal cielo li si avvista a decine di chilometri dalla costa, sempre più numerosi man mano che ci si avvicina all'isola più vasta del pianeta. L'aereo sorvola il gioco di fiordi che forma il litorale e offre scenari di vette che s'innalzano tra laghi e vie d'acqua. Poi la luce diventa accecante. L'orizzonte è un'unica, immensa distesa bianca: delimitata da immacolate catene montuose, venata da fiumi lattiginosi, confusa nella monotonia cromatica con le nuvole che, a volte, la sovrastano. E' l'Indlandis, il grande ghiacciaio interno: lungo 2.500 chilometri e largo più di 1.000, copre i cinque sesti del territorio e, in alcuni tratti, raggiunge uno spessore di 3.000 metri. L'ultima frontiera degli eschimesi, gli Inuit che da secoli lo percorrono con slitte tirate dai cani, per andare a cacciare gli orsi bianchi, le foche, le renne e i buoi muschiati che vivono nelle lande gelide oltre il Circolo polare artico. Di fronte a questo gelido universo si capisce perchè in groenlandese ci sono quindici modi per definire il bianco, la neve e il ghiaccio. Nomi diversi a secondo dell'intensità del colore, dei riflessi, della consistenza, dello spessore, dell'età, dell'origine e delle mutazioni stagionali del ghiaccio. Per distinguere il bianco utile da quello pericoloso. Il ghiaccio solido da quello pronto a spezzarsi nell'ora del disgelo. La neve da cui ricavare l'acqua potabile da quella per costruire gli igloo.

 L'immobilità del paesaggio è spezzata da decine di montagne che spuntano tra la neve con vette rocciose: si alternano a centinaia di piccoli laghi, finché il ghiacciaio lascia il posto a un susseguirsi di colline rossastre dall'aspetto lunare. L'aereo perde quota e, tra la distesa brulla, appaiono pezze verde smeraldo: macchie di muschio. E' l'effetto straordinario che dà a questo paese bianchissimo il nome di Gronland: terra verde. Dopo tanta monotonia, i colori si rincorrono. Atterrando a Kangerlussuaq, avvistiamo case rosse, blu, gialle, verdi, viola. In Groenlandia è vietato costruire un edificio dello stesso colore di quello accanto. In questo paese candido, dall'inverno interminabile, il colore è un'esigenza esistenziale dettata persino dalla legge. E coloratissimo è il costume con collare di perline che indossa la donna Inuit che attende i visitatori all'aeroporto, per consegnare loro un certificato: testimonia l'attraversamento del Circolo polare artico. Situata all'imboccatura di un fiordo, Kangerlussuaq è solo una breve tappa. L'aereo riparte per Narsarsuaq: un aeroporto, un porticciolo sul fiordo, un albergo e una stazione metereologica. La base per esplorare l'estremo sud dell'isola.

 Ci svegliamo avvolti nella nebbia.'Niente paura, qui il tempo cambia in cinque minuti', avverte Fritz mentre sgranocchia un pezzetto di merluzzo secco. E' il capitano del battello con cui scivoliamo sulle acque del fiordo in un silenzio emozionante. Fritz è danese, vive in Groenlandia da trent'anni. Stacca pezzi da un grosso merluzzo e li offre ai passeggeri: 'è ottimo per lo stomaco ed è la migliore carica proteinica per combattere il freddo', spiega per tranquillizzare i più sospettosi. Il cielo si è aperto, la navigazione tra gli iceberg è più facile. Raggiungiamo la baia di Ittileq. Da qui, in un'ora di cammino, arriviamo a Igaliku: un villaggio di 95 abitanti. Casette blu, gialle e rosse disseminate su di una grande area verde, di fronte a un fiordo blu cobalto, circondato da vette innevate. Alcuni contadini tagliano l'erba e coltivano i campi. Qui cresce solo una varietà di succosissime rape bianche che gli Inuit mangiano a morsi, come fossero frutti. Incontriamo Ane Egede, una donna di 81 anni, custode della tradizione, fabbrica i collari di perline per i costumi delle donne. Vive nella casa che ha costruito sessant'anni fa insieme al marito. Tutti gli eschimesi della Groenlandia vivono in abitazioni di tipo europeo, sono proprietari delle mura ma mai della terra che, secondo le leggi di una popolazione erede di cacciatori-raccoglitori nomadi, resta un bene collettivo. Le case tradizionali erano costruite di sassi e terra e si chiamavano igloo. Gli igloo del nostro immaginario polare, fabbricati con cubi di ghiaccio, erano (e sono ancora nel nord) rifugi provvisori per i cacciatori. A Igaliku c'è anche la chiesa, un negozio e un ostello che funziona come albergo, ristorante e centro di ogni attività sociale.

 Torniamo a bordo per inoltrarci nel vicino fiordo di Qooroq, il cimitero degli iceberg. Il battello sfiora montagne di ghiaccio, sfonda pareti di nebbia per incontrare distese di neve galleggiante: lo spettacolo si rinnova continuamente, tra iceberg diversi per forma e colore., racconta Fritz.. Tornati a Narsarsuaq, per capirne di più visitiamo la base dell'Istituto Metereolgico Danese. Tra computer e sofisticati congegni elettronici lavorano una decina di tecnici. Alcuni sono alle prese con complicate mappe punteggiate di piramidi bianche e nere e di aree coperte di fiocchi e, in contemporanea, seguono un gioco erotico sul terminale. Altri festeggiano un compleanno con una torta coperta di panna e un whisky on the rocks.

 Tra le case colorate di Narsaq, visitiamo un laboratorio di pellicce di foca. La caccia a questo animale e alla balena ha creato in passato profondi contrasti tra gli Inuit e Greenpeace che, nelle sue campagne, accomunava la loro attività con la caccia su scala industriale. Gli eschimesi catturano la foca con la tecnica dell'orso polare, appostandosi a lato di un foro praticato sul mare ghiacciato. La caccia è l'elemento caratterizzante della loro cultura, oltre alla fonte di sostentamento per il quarto di popolazione che vive nel nord dell'isola, dove ci sono 2 milioni di foche. Per principio, gli Inuit non hanno mai ucciso i cuccioli e negli anni di buona caccia non hanno abbattuto più del 3 per cento dei capi. Dopo anni di incomprensioni, Greenpeace ha riconosciuto che in Groenlandia la foca non è una specie in pericolo d'estinzione. Al porto di Narsaq assistiamo alla rotazione di un iceberg. Un muro di ghiaccio di una ventina di metri precipita in mare con un tonfo assordante, mentre un'altra parte del blocco emerge dal mare. Ci imbarchiamo su di un peschereccio per inseguire il fiordo fino a Qassiarsuk, una baia verde dove i resti di una chiesa in pietra del Duecento e una lapide con scultura in bronzo ricordano che qui visse Erik il Rosso, un vichingo, il primo europeo a raggiungere la Groenlandia.

 IN ROMPIGHIACCIO A DISCO BAY

La nave è l’unico mezzo per esplorare i fiordi disseminati di iceberg e i villaggi esquimesi che si affacciano sulla costa sud-orientale della Groenlandia. La rompighiaccio Disko, in servizio come nave postale (passeggeri più merci) dal 1968 sulla rotta crociera da Kangerlussuaq a Disko Bay, nel 1997 è stata completamente ristrutturata e adibita a nave crociera con 46 cabine. Niente a che vedere con le crociere classiche. Questa è un’avventura. Non ci sono show, roulette e abiti da sera. Si indossano pile e giacche a vento e si calzano scarponi da montagna per partecipare a escursioni in barca e a piedi tra baie e paesini sparsi sulla costa. É un viaggio con risvolti ambientali, naturalistici e antropologici. La nave attraversa aree selvagge. Si avvistano balene e uccelli marini. Si scopre la cultura Inuit. E si assiste allo spettacolo del sole di mezzanotte. Opera solo tra giugno e agosto.

LETTURE

Il senso di Smilla per la neve di Peter Hoeg: la vicenda di una donna inuit che, dall'indagine sulla morte accidentale di un bambino, svela i misteri sullo sfruttamento delle ricchezze naturali della Groenlandia. E, per chi ama l'avventura, Il paese delle ombre lunghe di Hans Ruesch: un intrigante romanzo ambientato tra i cacciatori eschimesi dell'estremo nord. Sulle tracce di un grande esploratore Il grande viaggio in slitta di Knud Rasmussen. Ultimo uscito (Guanda 2013)  Il fiordo dell'eternità di Kim Leine, romanzo sul rapporto tra colonizzatori danesi e Inuit.

ADDIO ORSO BIANCO ?

Il numero di esemplari di orso polare (Ursus maritimus) è in costante calo in Groelandia e nelle isola Svalbard (Norvegia), il calo è meno drammatico in Canada e quasi irrilevante in Alaska.  Comunque nella baia di Hudson (Canada) negli ultimi 15 anni c’è stato un calo di circa il 20%: da 1100 a 900 esemplari. Si stima ci siano da 20 a 25 mila esemplari nell’Artico circumpolare, tra Alaska, Canada (60% di tutta la popolazione), Russia, Groenlandia e Svalbard. La sopravvivenza del plantigrado bianco è minacciata dalla combinazione di surriscaldamento globale (all'Artico la temperatura è salita di 4 gradi in 100 anni) e inquinamento chimico (accumula questi rifiuti soprattutto sotto le zampe). L’effetto serra e il conseguente scioglimento dei ghiacci artici porta questi animali al cannibalismo e lunghi viaggi suicidi alla ricerca di prede (cibo). Lo scioglimento dei ghiacci artici sembra inarrestabile: la superficie della banchisa polare (permafrost) è passata dai 7,62 milioni di kmq degli anni ’70 a meno di 5 milioni di kmq di oggi. Tanto che il Mare di Barens è diventato navigabile in estate. E gli scienziati prevedono che, di questo passo, nel 2070 la calotta polare sarà completamente libera da ghiacci in estate. Senza banchisa l’orso bianco non sopravviverà. Secondo il National Water Research Institute del Canada, oggi i principali imputati del declino della specie sono i polibrominati difenili (PBDE), lipofilici che si accumulano al vertice della catena alimentare (gli orsi li acquisiscono dal grasso di foca di cui si nutrono), responsabili dello pseudo-ermafroditismo che impedisce a molte femmine della specie di riprodursi. I PBDE si accumulano in modo piramidale dalla preda al predato: in alcuni orsi sono state rivelate quantità 70 volte superiori a quelle delle foche della stessa zona. Il problema è peggiore tra Groelandia e Norvegia perché un sistema chiuso, le acque hanno poche possibilità di fuoriuscita. Secondo International Union for Conservation of Nature che segue il fenomeno, il numero globale di orsi polari è destinato a calare del 30% entro il 2050.

IL FUTURO DELL’ARTICO: RISERVA IDRICA DI UN PIANETA PIÙ ARIDO

Una proiezione sul futuro delle regioni artiche è stata elaborata da Laurence C. Smith, geografo della California University nel libro 2050 (Einaudi, 2011). In sintesi: a metà del secolo gran parte delle fonti non rinnovabili (petrolio, gas, minerali) saranno esaurite, sarà quindi inevitabile in un Pianeta abitato da 9 miliardi di uomini (stima ottimista solo più 30% in 40 anni) cercare nuove risorse nel grande Nord. Anche perché nel frattempo, a causa del surriscaldamento globale (2°C rispetto a oggi) gran parte della calotta glaciale sarà sciolta in estate, stagione durante la quale saranno navigabili anche da grandi petroliere il Mare di Barens (lo è già da un paio di anni), il Mare Glaciale Artico, il Passaggio a Nord-Ovest e lo Stretto di Bering. L’Artico diventerà la nuova frontiera mineraria: sotto i ghiacci del nord si trova un quarto delle riserve planetarie di idrocarburi, già il 20% del Pnl russo deriva da gas e petrolio estratti in regioni artiche. A causa dell’asperità del territorio (via i ghiacci resterà fango invalicabile) si svilupperanno solo insediamenti costieri e cresceranno a dismisura i porti: Nuuk in Groenlandia, Churchill in Canada, Yakutsk in Siberia. Oltre all’estrazione di minerali, la grande ricchezza sarà l’acqua dolce, perché i cambiamenti climatici prodotti dall’effetto serra avranno ridotto le precipitazioni (fino al 30%) nelle fasce temperate (45° parallelo) e in quelle tropicali, in macroregioni come India e Nord Africa dove è previsto il massimo sviluppo demografico. Le megalopoli di queste regioni sempre più aride potranno essere dissetate con navi cisterna che si riforniranno nell’Artico. O con grandi canalizzazioni, come il russo progetto Sibaral per convogliare l’acqua della Siberia nell’arida Asia Centrale, 2400 km più a sud. Inevitabile l’alterazione dell’habitat artico con ricadute sulla fauna, soprattutto sulle specie (come l’orso bianco) che non saranno in grado di adattarsi ai drastici mutamenti.

ULTIMI DATI SULLO STATO DEI GHIACCIAI ARTICI

21/09/2011 Dalle rilevazioni del National Snow and Ice Data Center (Usa) , la calotta di ghiaccio che copre il Mar Glaciale Artico misura 1,68 milioni di miglia quadrate, molto vicino al record negativo registrato nel 2007 di 1,61 milioni di miglia quadrate. La contrazione è dovuta all'assottigliamento dello strato di ozono sul Polo Nord (in controtendenza col livello globale del fenomeno) e il conseguente surriscaldamento delle regioni polari boreali.

CHI COMANDA AL POLO NORD ?

A differenza dell'Antartide, qui la calotta polare non copre terra emersa ma il Mare Glaciale Artico, perciò al di là delle poche miglia di acque territoriali al largo di isole e coste delle 8 nazioni (7 ospitano popolazioni etniche) che circondano questo mare non c'è alcuna giurisdizione nazionale. L'unica tutela è costituita dalla Convenzione dell'Onu sul Diritto del Mare, ratificata nel 1982 da molti Paesi ma non dagli Stati Uniti. Un esempio dispotico della politica artica arriva dalla Russia, dove tutte le decisioni sugli inverventi minerari e navali nel Mare di Barens vengono prese a Mosca senza consultare Nenet, Aleutini, Inuit, Sami e gli altri gruppi etnici i primi a pagare le alterazioni ambientali.

GLI STATI UNITI CERCANO PETROLIO NEL MAR GLACIALE ARTICO

29/8/2011 Obama ha autorizzato le trivellazioni per cercare petrolio nel Mare di Beaufort, a nord dell'Alaska, dove si prevede ci siano 27 miliardi di barili. Gli Usa iniziano lo sfruttamento delle risorse dell'Artico, sempre più accessibile grazie allo scioglimento della calotta a causa dell'effetto serra, dove si trova il 25% delle riserve globali di idrocarburi. L'intervento può essere devastante per il fragile ecosistema polare.

CORSA AL PETROLIO NELL'ARTICO RUSSO

12/09/2011 L'americana Exxon e la russa Rosneft hanno siglato un accordo per sfruttare le risorse dell'area russa del Mar Glaciale Artico dove, secondo lo United States Geological Survey, ci sono 100 miliardi di barili di petrolio (13% riserve mondiali) e 47 miliardi di m3 di metano (30% riserve). Le trivellazioni, rese possibili dal ritiro dei ghiacci causato dall'effetto serra, altereranno una delle ultime regioni selvagge del Pianeta, con danni incalcolabili per la fauna artica.

L'EFFETTO SERRA MINACCIA GLI ORSI POLARI 

16/09/2011 All'Artico la riduzione dei ghiacci causata dall'effetto serra costringe gli orsi polari a nuotare più a lungo per raggiungere la banchisa dove cacciano le foche. Spesso i cuccioli non sopravvivono allo sforzo. In un monitoraggio del United States Geological Survey il 45% dei piccoli non ha raggiunto la meta. È l'ennesima conferma del pessimo stato di salute della fauna artica.

BUCO NELL'OZONO SOPRA IL POLO NORD 

7/10/2011 Come già è accaduto all'Antartide, anche sopra le regioni artiche lo strato di ozono (O3, la forma allotropica dell'ossigeno  che protegge tutte le forme viventi  dai raggi ultravioletti) si è assottigliato. Nella fascia compresa tra i 18 e i 20 km dalla superficie terrestre è stato distrutto addirittura  l'80% dell'ozonosfera. Il fenomeno è provocato dall'emissione cloro, fluoro, carbonio e bromo (usati per il funzionamento di frigoriferi, condizionatori, estintori  e solventi), gas messi fuori legge dal protocollo di Montreal  del 1989, ma ancora presenti e nocivi nei vecchi impianti, uno degli aspetti più preoccupanti dell'inquinamento atmosferico, anche perchè avranno il loro effetto deleterio per ancora 50 anni . Fonte: Nature.

 

EFFETTO CLIMA SUL FUTURO DELLA GROENLANDIA 

20/04/2013 Il surriscaldamento globale fa sciogliere i ghiacciai rendendo sempre più accessibili le risorse naturali (uranio e petrolio) nascoste nel sottosuolo della Groenlandia che - grazie alla posizione strategica tra Nord America, Europa e Russia (via Artico) - attira sempre più traffici marittimi. Industria mineraria e navigazione ridurranno sempre più le aree selvagge dell'isola (a danno della fauna autoctona) e distruggeranno sempre più rapidamente quel che resta della cultura Inuit.

 

NASA: GHIACCIAI IN RAPIDA RITIRATA

17/11/2015 Secondo la Nasa (Usa, nasa.gov) i ghiacciai della Groenlandia si stanno ritirando al ritmo di 500 km2 l'anno. Tra il 1992 e il 2012 il 50% dei ghiacciai dell'isola sono passati da perenni a stagionali (si sciolgono in estate). La sparizione dei ghiacciai della Groenlandia conporterebbe un innalzamento dei mari di 7,4 metri: tra 1901 e 2010 il livello medio delle acque è aumentato di 9 cm. Il sito theterramarproject.org riporta gli studi della Nasa sull'effetto che il riscaldamento globale provoca sugli oceani.

L'ARTICO É IL FULCRO DEI PROBLEMI AMBIENTALI

 

 

 

 

 

 

 

28/06/2011

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www.iucn.org
International Union for Conservation of Nature
www.ec.gc.ca/inre-nwri/default.asp?lang=En
National Water Research Institute del Canada
www.wwf.it/client/render.aspx?root=1621
Wwf sull’orso polare (in italiano)
www.theredhouse.info
Struttura ecoturistica gestita da un altoatesino
www.beac.st
Barents Euro-Arctic Council
www.usgs.gov
United States Geological Survey
www.nsidc.org
National Snow and Ice Data Center (Usa)
www.pnas.org
National Academy of Sciences of USA (pubblicazioni)
www.ipcc.ch
Intergovernmental panel on climate change
theterramarproject.org
Studi Nasa su riscaldamento globale e oceani
IN GROENLANDIA TRA INUIT E GHIACCIAI