Dalla riserva faunistica dell'Etosha alle dune color albicocca del deserto del Namib, via Skeleton Coast e riserva delle foche a Cape Cross
La testa del leopardo appare in cima alla montagna. Scruta l'orizzonte per scomparire dopo pochi secondi. Per vederlo siamo appostati da più di mezz'ora, seduti in una capanna-bunker in assoluto silenzio. Perché il leopardo è l'animale più sospettoso della savana, il più difficile da avvistare. L'attesa dilata le aspettative. Il silenzio potenzia l'udito: mentre i colori delle rocce si scaldano alla luce del tramonto, si ascoltano i canti degli uccelli e i fruscii degli animali, uniche voci della boscaglia. Trascorrono altri dieci minuti di tacito indugio, prima che un rumore di foglie annunci l'arrivo del felino. In un secondo balza sulla preda, la stringe fra gli artigli e si guarda attorno diffidente. Siamo a pochi metri, attraverso una feritoia gli occhi della fiera penetrano i nostri sguardi creando un lungo attimo di suspence. Sicuro di essere solo, il leopardo dilania la carne. Dopo pochi minuti lascia sazio la preda, raggiunta rapidamente da un altro felino, poi da un altro ancora.
L'avvistamento del leopardo è la principale attrazione della farm di Okonjima, nel nord della Namibia. Una fattoria per l'allevamento dei bovini, gestita da tre generazioni da una famiglia di origine danese, convertita nell'ultimo decennio in un centro per il reinserimento nella savana degli animali abbandonati o ammalati. I leopardi, rinchiusi in un'area recintata di diversi chilometri quadrati, avevano perso la madre prima di aver imparato a cacciare: per questo vengono nutriti ogni giorno con quarti d'antilope. La stessa sorte è toccata ad alcuni ghepardi, ma questi gattoni sono infinitamente più socievoli e meno pericolosi: un paio di esemplari giovani girano liberi nel giardino della fattoria. Insieme a un facocero, a un'antilope, a una iena e a un babbuino. Per finanziare l'attività ambientale, la fattoria di Okonjima è stata aperta all'ospitalità, come molte altre della Namibia: si alloggia in accoglienti bungalow con bagno e uno standard di igiene e comfort di livello europeo. Perchè un viaggio in Namibia svela un'Africa inconsueta: l'occasione di vedere gli animali della savana, nessuno escluso, e di spaziare attraverso paesaggi sterminati, si coniuga con città, strade e servizi di tipo occidentale.
Colonizzata dai tedeschi a fine Ottocento e diventata protettorato sudafricano dopo la Prima guerra mondiale, dal 1990 la Namibia è una repubblica indipendente con un presidente nero - Sam Nujoma - e un governo democratico multirazziale. L'apartheid è un ricordo lontano: le due comunità vivono senza apparenti conflitti. Una consistente parte del paese è stata divisa fra le diverse tribù nere, che la amministrano in modo comunitario. Ma i bianchi, poco più del 10% della popolazione, sono stati riconosciuti come il motore economico del paese e hanno potuto conservare le loro proprietà. Una pace razziale permessa anche dallo scarso popolamento: un milione e mezzo di abitanti vivono in un territorio grande quasi tre volte l'Italia. E dalla ridistribuzione delle risorse: l'esportazione di diamanti, di carne e di pesce, uniti al turismo, permettono ai namibiani uno dei più alti tenori di vita del Continente Nero. Per il neofita dell'Africa, la Namibia diventa così l'approccio più facile: ambientalmente molto intenso, ma privo dei disagi e dei pericoli che si affrontano in molte nazioni africane.
All'interno del paese si attraversa un paesaggio sempre uguale a se stesso: cespugli bassi e spinosi s'alternano a distese di acacie. E' una sorta di tappeto grigioverde che, sbiadito dal terreno bianco, corre fino alle montagne che dominano l'orizzonte. Sono i rilievi su cui vivono le zebre di montagna, le giraffe, i kudu e gli orici (due varietà di antilope). Verdi colline d'Africa che ricordano i romanzi di Hemingway. Per assaporarne l'atmosfera si trascorre una notte al Mountain View Game Lodge, una fattoria, gestita da una famiglia di origine tedesca, situata a un centinaio di chilometri da Windhoek, la modernissima capitale. Alle cinque della sera si parte con un fuoristrada toyota per la savana: armati di binocoli e macchine fotografiche pergli animali, per ascoltare il verso del gieco che percorre la prateria, per assistere al tramonto che infuoca il cielo.
Il più grande richiamo faunistico del paese è però l'Etosha National Park, una riserva naturale semi-arida grande come la Lombardia: fermandosi vicino alle sue pozze d'acqua si vedono elefanti, giraffe, gnu, zebre, gazzelle, antilopi, struzzi e leoni che vanno ad abbeverarsi. Il parco è un paradiso per i birdwatchers: vi volano 324 specie di uccelli, la metà di quelli presenti in Namibia. E nell'Etosha Pan, una depressione salina nel nord del parco, durante la stagione delle piogge si affollano decine di migliaia di fenicotteri. Ma per avvistare il rinoceronte, ormai quasi estinto, bisogna raggiungere il vicino Ongava Game Lodge: un'area recintata di 30.000 ettari in cui vivono sette esemplari del pachiderma corazzato. E' un parco privato per la salvaguardia del rinoceronte, dominato dal più lussuoso lodge della Namibia: una decina di appartamenti situati in posizione panoramica sulla collina più alta della regione. A sud dell'Etosha il paesaggio diventa via via più collinoso, disseminato di picchi rocciosi e di mopani, alberi d'alto fusto con una verdissima chioma. Raggiunto il lodge di Hobatere scopriamo un elefante che beve nella piscina, prima di partire per un altro safari fotografico fra giraffe, zebre, gnu e impala. A Hobatere è però l'escursione notturna a dare le emozioni più forti: sotto il cielo stellato si ascoltano i versi degli animali, nel buio si vedono gli occhi brillanti della ginetta (un roditore saltellante), poi con un potente faro il ranger illumina orici, aquile, zebre e gazzelle.
Proseguendo verso la costa si attraversa Damaraland, la terra della tribù dei damara: vivono di allevamento, qui non s'incontrano le efficienti fattorie tedesche, ma minuscoli insediamenti non recintati, baracche con i tetti di latta sovrastate da pozzi a vento. Lo scenario è spezzato da un unico reticolato: attraversa l'intera Namibia da est a ovest, impedisce la migrazione di animali nel sud del paese, per proteggere le mandrie e la fauna dalle malattie dell'Africa equatoriale. Correndo a ovest il paesaggio si trasforma, la monotonia grigioverde cede a una terra sempre più rossa a cui fanno da sfondo montagne rosa. Fra il terreno pietroso spuntano cactus e altre bizzarre piante grasse. La strada serpeggia fra montagne a forma di mesa, tipo Arizona, e altre appuntite come piramidi. Il panorama cede al desertico, il suolo è più chiaro e sabbioso. Superato il cancello dello Skeleton Coast Park il quadro diventa bianco e desolato, spazzato dal vento: ridisegna continuamente le dune di sabbia che s'innalzano all'orizzonte. La pista scivola fino all'oceano, blu, avvolto in una perenne foschia: una coltre umida causata dalla corrente del Benguela che risale dall'Antartide fino alle coste della Namibia. Un flusso freddo che abbassa drasticamente la temperatura sul litorale, impedisce le attività balneari ma permette un miracolo zoologico. Lo si scopre inseguendo la strada di sale battuto, che fiancheggia l'oceano fra lunghe spiagge e relitti di navi, fino a Cape Cross. Dove un odore intensissimo annuncia una delle più grandi colonie di foche del mondo: da 80 a 100.000 esemplari vivono fra gli scogli di alcune baie. Scelgono questa riva perché è ricchissima di pesce. Dal punto d'osservazione le si vede a pochi metri. E' incredibile pensare che questi animali antartici vivono a meno di 200 chilometri da torride savane percorse da elefanti, leoni e leopardi.
La Namibia è un paese di grandi contrasti ambientali, lo conferma Swakopmund, una cittadina costiera di 20.000 abitanti raggiunta dopo un giorno di viaggio fra praterie, montagne e deserti. Con le palme da dattero che fissano la spiaggia, un faro in cima a una verde collina e numerose costruzioni tedesche del primo Novecento, Swakopmund sembra un incrocio fra la Baviera e la Liguria. Solo le strade larghe e deserte e la popolazione di colore ricordano di essere in Africa. E a pochi chilometri da questa piacevole oasi si scoprono le prime dune di sabbia del Namib Naukluft Park. E' il deserto da cui prende il nome il paese. Namib significanella lingua della locale popolazione nama. In realtà il deserto geologicamente più antico del mondo è un mosaico di montagne, canyon, depressioni, plaghe pietrose e dune. Vi s'incontrano straordinarie specie vegetali che sopravvivono grazie all'umidità portata dal mare. La Welwitschia mirabilis, formata da due sole foglie che crescono di un paio di centimetri all'anno: una pianta lenta quanto longeva, alcune di questi arbusti hanno più di duemila anni. E una varietà di licheni che si sviluppano sulla pietra alla velocità di un millimetro ogni decennio. Un deserto formatosi milioni di fa: un ecosistema fragilissimo dove il passo di un uomo può cancellare in un attimo microrganismi che hanno impiegato secoli per attecchire. E sulle distese terrose i pneumatici lasciano tracce indelebili per cent'anni, perchè qui non cade la pioggia a ricompattare il suolo. Per rispettare il deserto si guida rigorosamente sulla pista, fino a raggiungere singolari formazioni rocciose: pietre bucherellate che, nella desolazione del Namib, appaiono come fossili di dinosauro. Poi lo scenario si popola di macigni alternati a piccoli anfiteatri rocciosi con piante sparse. Finché lo sguardo non precipita nel canyon screpolato del Kuiseb River.
Attraversando una piana s'incontrano gruppi di struzzi: corrono elegantemente con le piume nere della coda al vento, mantenendosi alla stessa distanza uno dall'altro. Ricordano gli struzzi dei fumetti. Dopo centinaia di chilometri di scenari rocciosi e terrosi, appaiono le prime dune di sabbia rossa: sono incorniciate da montagne che nel corso del giorno si colorano di tutte le tonalità del rosa, del rosso e del viola. Le tinte del paesaggio diventano sempre più intense fino al Sossusvlei, il cuore del Namib. Una giallognola depressione d'argilla percorsa da orici e struzzi e circondata da torreggianti dune di sabbia colore albicocca. Sono alte fino a trecento metri con creste affilate che serpeggiano verso la cima. E dal più profondo deserto si gettano in mare.
30/04/ 2012 Nel Caprivi, la striscia di territorio namibiano che si insinua a Est tra Angola, Botswana e Zambia, una famiglia di vercellesi - i Micheletti - ha aperto nel luglio 2011 un ecolodge nel Nkasa Lupala National Park (foreste di mopani percorse da branchi di elefanti). La struttura nata da una joint venture con la Wuparo Conservancy, ente governativo per lo sviluppo della regione, ha soprattutto dipendenti locali (12 su 14) ed è costruito secondo con tecniche sostenibili. Sono stati usati materiali naturali e spesso riciclati. Il tetto della lobby è stato fatto col metallo di bidoni della benzina dismessi e con vecchi container per cucina, le lampade con tubi di condutture. In cucina, per quanto possibile, vige la regola del chilometro zero. L'energia viene da impianti solari. Lo Nkasa Lupala Lodge collabora con Wff e Irdnc (Integrated Rural Development and Nature Conservation) per sensibilizzare la popolazione sulla conservazione della fauna. E sta promuovendo lo sviluppo locale con la costruzione di asilo e con progetti di produzione artigianale.
IL LEONE E GLI ALTRI, QUANTI GRANDI FELINI RESTANO?
Secondo l'ultimo rapporto (2011) dell'International Union for Conservation of Nature (Iucn), negli ultimi 20 anni si è registrata una progressiva diminuzione di tutti i grandi felini africani. I leoni hanno perso circa il 30% dei capi: ne restano circa 39.000 in Africa su di un habitat teorico di 4,5 milioni di kmq, sono totalmente scomparsi dall'Europa e sono ridotti a poche decine in India (nei parchi del Gujarat). Tra le cause del declino del re della foresta ci sono l'inquinamento che ne riduce la fertilità, l'uccisione da parte degli allevatori anche spargendo veleno sulle carogne di animali di cui i grandi felini si nutrono in assenza di prede. Non stanno meglio i ghepardi (unico grande felino addomesticabile) scesi da 45.000 a 33.000 capi (- 27%). E i leopardi: scomparsi da Sudafrica e dall'intera Africa occidentale sono stimati in alcune centinaia di migliaia, è il big cat più schivo, il più difficile da monitorare; deforestazione e caccia da parte degli allevatori sono la principale causa del suo declino. Restano invece solo 5000 esemplari del più raro leopardo delle nevi.
15/04/ 2013 La Namibia è tra i primi 5 produttori mondiali di uranio - dopo Kazakistan, Canada e Australia, e alla pari col Niger. L'uranio rappresenta il 12% dell'export del Paese africano. L'estrazione di questo minerale radioattivo in aree desertiche, come quelle minerarie della Namibia, comporta lo spargimento incontrollato di polveri contaminate con relativi danni a persone ed ecosistemi, come afferma Earthlife Namibia. Le miniere locali coprono il 10% della domanda mondiale di combustibile per la produzione di energia nucleare, domanda in calo dopo l'uscita dall'atomo della Germania (la Namibia era una colonia tedesca e mantiene rapporti economici e culturali con Berlino) e la chiusura di 48 delle 50 centrali giapponesi a seguito dell'incidente di Fukushima nel 2011. L'unica speranza del mercato dell'uranio (dal 2011 il prezzo è sceso del 40%) sono i progetti di nuovi reattori nucleari in Arabia Saudita (16) e in Cina (26).