In India, la costruzione di dighe sul fiume Narmada, votato al dio Shiva, e il disastro ecologico di Bhopal hanno limitato lo sviluppo in una regione ricca di richiami storici, archeologici, mistici e paesaggistici.
Le regioni meridionali del Madhya Pradesh sono la dimostrazione di come scellerate scelte ambientali possano azzerare il richiamo turistico, e impedire così lo sviluppo economico e sociale che ne consegue, anche in aree ricche di richiami storici, archeologici, mistici e paesaggistici. Una delle zone economicamente più arretrate dell'India - con attrazioni come le moschee e i mercati di Bhopal, il magnifico forte di Mandu e le città sacre di Maheshwar e Omkareshwar sul fiume Narmada (votato al dio Shiva) - non ha di fatto turismo straniero a causa del disastro ambientale provocato nel 1984 dall'industria chimica statunitense Union Carbide e da un gigantesco piano di costruzione di dighe sul secondo fiume più sacro agli indù.
La capitale del Madhya Pradesh è una città con un immenso bazar, dove vie animate da centinaia di negozi si alternano a tre spettacolari moschee dell'Ottocento (la Taj-ul-Masjid è una delle maggiori dell'India), a ricchi palazzi, lussureggianti giardini e grandi laghi che decongestionano la metropoli. Bhopal ospita anche il Rashtriya Manav Sangrahalaya, il maggiore museo antropologico indiano, in un'enorme area verde in cui sono state rimontate case rurali tradizionali provenienti da tutti gli Stati indiani. E 46 km a nord di Bhopal si trova Sanchi, dove 2300 anni fa l'imperatore Ashoka, convertito al buddismo, fece erigere i più antichi stupa (reliquiari a forma di campana) dell'India. Sono però pochi i turisti che la raggiungono: i viaggi organizzati si limitano ai noti centri del Madhya Pradesh settentrionale (Khajurao, Gwalior e Orchha) e sono rari anche i viaggiatori indipendenti.
Perché Bhopal è una città 'maledetta' dall'incidente che la notte del 3 dicembre 1984 la invase con una nube tossica che provocò subito 30 morti e 500.000 intossicati. La stima dei deceduti è per difetto perché dopo il disastro furono occultati molti cadaveri, nei 20 anni successivi oltre 20.000 indiani morirono di cancro, un esercito di bambini nacque mal forme e 30 anni dopo le falde acquifere restano inquinate a distanza di 2 km dallo stabilimento incriminato. La responsabilità dell'incidente è della multinazionale americana Union Carbide, che a Bhopal produceva il Sevin, un pesticida prodotto con isocianato di metile (gas velenoso). L'incidente fu provocato dalla decisione della Union Carbide di risparmiare sull'energia utile a raffreddare le vasche (devono essere mantenute a 0 gradi), 2 vasche esplosero e vi fuoriuscirono 40 tonnellate di isocianato di metile che grazie al vento si sparse con una nuvola mortale nel centro abitato. La Union Carbide declinò ogni responsabilità, ma 15 anni dopo fu costretta da diverse cause civili intentate negli Usa a sborsare 470 milioni di dollari (contro i 3 miliardi chiesti dal Governo Indiano) che, attraverso i travagli della burocrazia indiana, andarono a rimborsare con cifre esigue oltre un milione di vittime.
Sulle rive del fiume Narmada, votato a Shiva (il dio distruttore), si trovano gli spettacolari luoghi di pellegrinaggio indù di Maheshwar e Omkareshwar. Situati a soli 70 km di distanza l'uno dall'altro, sono luoghi diversissimi tra loro, sebbene accomunati dal culto, dalle frotte di pellegrini, dalla presenza di molti sadhu (asceti itineranti) e da negozi statali (del Madhya Pradesh) che vendono bhang (succo di infiorescenze di cannabis) e marijuana a prezzi calmierati, usati in India da 4000 anni per il culto di Shiva.
A Maheshwar il forte, il complesso dei templi e i ghat (le gradinate che scendono al fiume per abluzioni e riti indù) sono gestiti dal principe Shivaji Rao Holkar, figlio dell'ultimo maharaja di Indore. Il risultato è una città ordinata e pulita (con servizio di raccolta rifiuti anche sui ghat: un miracolo in India), con l'Ahilya Fort trasformato in un piccolo hotel di charme per i pochi turisti che si avventurano da queste parti, e un forte senso di appartenenza che si manifesta con la Rehwa Society per la diffusione della tradizione della tessitura, che a Maheshwar risale al 500 d.C. La Rehwa Society fu fondata nel 1979 dalla famiglia del maharaja come un'organizzazione no-profit per preservare l'antica tradizione artigianale e, allo stesso tempo, dare sbocchi economici e occupazionali alle donne locali, in particolare alle vedove. Oltre al laboratorio di tessitura e al negozio in cui si vendono i sari, la Rehwa Society comprende una scuola di educazione superiore con 240 studenti.
Situato alla confluenza del fiume Kaveri con il Narmada, Omkareshwar è l'inquietante sede del Jyothi lingam, il fallo di Shiva, un simbolo di fertilità venerato da millenni. Per questo è invasa ogni giorno da migliaia di pellegrini che dormono nei dharamsala (ostelli religiosi) e mangiano gratis nei bandara (mense gratuite allestite da templi e scuole braminiche). É un'isola - collegata da 2 ponti a uno scosceso borgo per il servizio ai pellegrini - su cui si snoda un percorso di 6 km tra templi, santuari, scuole braminiche, alberi sacri, vacche, cani randagi, branchi di piccole scimmie dalla faccia nera (Semnopithecus entellus) e minuscoli insediamenti umani. É un luogo crudo, molto sporco, pieno di mendicanti in cui si respira una strana energia. É molto rumoroso il giorno come la notte e con la cittadina popolata da grosse scimmie aggressive dalla faccia rosa (Macaca mulatta), che non vengono allontanate in quanto sacre, legate al dio Hanuman. Omkareshwar non fa nessuna concessione al turismo: per alloggiarvi è necessaria una buona capacità di adattamento. Molti indiani lo considerano il lato nero di Shiva, mix di forte magnetismo e magia nera.
Omkareshwar è anche il luogo simbolo del Narmada Valley Development Project, il piano governativo per la costruzione tra il Narmada e i suoi affluenti di una fitta rete di dighe: 30 grandi, 135 medie e 3000 piccole per produrre energia elettrica. Il controverso progetto ha alterato i fragili equilibri ambientali del bacino del Narmada, ha messo in gioco la vita di 25 milioni di contadini e violato un fiume considerato sacro da un miliardo di indù. A Omkareshwar è stata costruita una diga gigantesca a poche centinaia di metri dai templi: la sua sirena s'impone sulle campane dei santuari. Il progetto ha provocato numerose proteste di contadini, ambientalisti, attivisti dei diritti umani e religiosi, che hanno costituito il movimento Narmada Bachao Andolan. Negli incidenti è stata coinvolta anche la scrittrice keralese Arundhati Roy, che sull'argomento ha pubblicato il libro La fine delle illusioni.
Arundhati Roy, La fine delle illusioni, 144 p, Guanda 1999. Dominique Lapierre e Javier Moro, Mezzanotte e cinque a Bhopal, 380 p, Mondadori 2003.