Lo Zimbabwe, ridotto alla bancarotta, vorrebbe vendere i suoi depositi di avorio e così ricavare i mezzi per fermare lo sterminio dei rinoceronti e il degrado dei suoi parchi nazionali. Una proposta controversa.
'Abbiamo troppi elefanti, il doppio della capacità ambientale dei nostri parchi, e non abbiamo fondi per contrastare i bracconieri che uccidono gli ultimi rinoceronti sopravvissuti nel nostro Paese' lamenta Padgwell Mazoyo mentre entra nel deposito di avorio dello Zimbabwe Parks and Wildlife Authority (Zimparks) di Harare, tra scaffali traboccanti di zanne di elefante, numerate e registrate. Responsabile dei prodotti derivati dagli animali dei parchi, Padgwell sottolinea una contraddizione della politica ambientale in Africa.
Dal 1990 il Cites (Convention on International Trade in Endangered Species) ha vietato il commercio dell'avorio che, nel corso del Novecento aveva più che dimezzato il numero di elefanti presenti in 37 Paesi africani. La moratoria ha posto fine a bracconaggio e caccia legale, ha permesso la sopravvivenza della specie nelle regioni centrali, sub-sahariane e nord-occidentali del continente, dove era stato abbattuto più del 90% dei capi. Negli ultimi vent'anni, in Africa meridionale e orientale, la tendenza si è però invertita, gli elefanti sono aumentati a dismisura (più 4% l'anno) diventando a volte un problema per la sopravvivenza di altri animali della savana: durante gli spostamenti i branchi sempre più numerosi di pachidermi abbattono alberi, distruggono nidi di uccelli e rettili, riducono le opportunità dei mammiferi minori nella competizione per cibo e acqua. Dal Botswana al Kenya si incontrano foreste devastate dal transito degli elefanti. Sono 105.000 solo in Zimbabwe, su un territorio poco più grande dell'Italia. E c'è chi propone di ristabilire l'equilibrio ambientale con abbattimenti selettivi: un'ipotesi contraddittoria che suscita le proteste delle associazioni ecologiste.
'Oggi l'unico mercato dell'avorio è quello interno allo Zimbabwe, dove operano sei laboratori artigianali. Il nostro è il maggiore, creiamo monili, sopramobili e sculture. Per la nostra legge ogni persona può esportare cinque manufatti in questo materiale, ma la normativa di Europa, Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda vieta l'importazione di anche un singolo pezzo. Così la nostra attività sta morendo' racconta Creon Nicolaidis, di origine greca, dirige il più noto laboratorio artigianale di avorio ad Harare. Creon mostra gli scarti della lavorazione, i sacchetti di polvere residua e i registri dove deve annotare ogni passaggio del materiale che compera esclusivamente da Zimparks.
Nel frattempo il bracconaggio si è concentrato sui rinoceronti, che sono a serio rischio di estinzione per il loro prezioso corno. 'Per fermare i cacciatori di frodo ci servono fondi. Il paradosso è che qui dentro abbiamo 6900 zanne prese a elefanti morti, 44 tonnellate di avorio per un valore teorico di 10 milioni di dollari, denaro che ci permetterebbe di fermare la strage di rinoceronti, creare infrastrutture nei parchi, monitorare la fauna, arrestare i processi di erosione' spiega Padgwell. Per questa ragione, lo scorso ottobre, Vitalis Chadenga, direttore generale di Zimparks ha lanciato un appello al Cites per una deroga alla moratoria.
L'argomento è controverso, anche perché lo Zimbabwe, dollarizzato da alcuni anni dopo la bancarotta statale seguita ad anni di inflazione a cinque cifre, non ha risorse per proteggere l'ambiente. L'ultima deroga del Cites nel 2008 concesse la vendita di 5 tonnellate di avorio a Cina e Giappone. C'è chi sostiene che una nuova deroga potrebbe fare rinascere la domanda di avorio e, di conseguenza, riportare in vita il traffico clandestino e la caccia di frodo. Altri, come i dirigenti di Zimparks, pensano invece che il prezzo dell'avorio, 250 dollari al chilo, è troppo basso per giustificare il rischio di essere uccisi dai ranger a cui vanno incontro i bracconieri.
Vale invece molto più dell'oro - da 250.000 a 300.000 dollari il chilo - il corno di rinoceronte. Una porta blindata separa il deposito dell'avorio dal caveau dove Zimparks conserva i preziosi corni. 'Qui dentro ne abbiamo 5 tonnellate per un valore superiore a un miliardo di dollari' dice Padgwell. Perché, nonostante tutti i Paesi abbiano sottoscritto la moratoria del Cites che vieta il commercio di prodotti derivati dal corno di rinoceronte, il traffico non è mai cessato. 'Il rinoceronte africano è seriamente minacciato dai bracconieri che dal 2007 hanno intensificato la ricerca di corni a seguito dell'impennata della domanda in Asia' dichiara Joseph Okori, responsabile del programma del Wwf per proteggere questa specie. In Cina, Taiwan, Hong Kong e Vietnam la polvere del suo corno è richiestissima. Milioni di orientali credono sia una panacea capace di guarire ogni male: dall'influenza alle malattie veneree. Tra i poteri attribuiti alla sua polvere c'è quello di arricchire i sogni notturni con visioni degne di un mangiatore di oppio. Il suo commercio è soprattutto alimentato dalle improbabili virtù afrodisiache che gli vengono riconosciute. Il boom economico cinese ha moltiplicato la domanda nell'ultimo decennio facendo salire i prezzi e dando nuove motivazioni finanziarie ai bracconieri che operano in gran parte dell’Africa australe. Così anche il Sudafrica, il Paese che - anche per la disponibilità di mezzi - si era distinto con una seria politica contro il bracconaggio, ha subito nell'ultimo quinquennio un'escalation di questa attività. Dovuta anche al dilagare della corruzione, perché le quotazioni stratosferiche dei corni alimentano bustarelle così generose da fare chiudere un occhio anche ai funzionari più onesti. L'impennata dei prezzi ha invece spento l'altra fonte della domanda (in misura molto minore): Yemen ed Emirati Arabi Uniti, dove il corno di rinoceronte era richiesto per fabbricare manici e impugnature dei jambia: i pugnali ricurvi, considerati dagli arabi simbolo di virilità, ricchezza e potere.
Nel Matobo National Park, la più importante riserva di questi pachidermi in Zimbabwe, Jan Harmer, una guida bianca del Matobo National Park, racconta 'Nel 2006 c'erano 86 rinoceronti bianchi, i bracconieri li hanno ridotti a 37 a cui si sommano 29 rinoceronti neri. L'anno scorso ne hanno ucciso 11. I guardia parchi sparano a vista sui cacciatori di frodo, hanno la licenza di uccidere, io stesso non esiterei ad abbatterli, e comunque se catturati vengono condannati a venticinque anni di detenzione, che in un carcere africano significa la morte certa prima dello scadere della pena. Ma nemmeno il rischio della vita è un deterrente sufficiente a fermare i bracconieri, perché in un Paese alla bancarotta con salari minimi di 30 dollari al mese e il 90% di disoccupazione, con i 500.000 dollari ricavati dalla vendita di un solo corno di rinoceronte si risolvono i problemi dell'intera famiglia per generazioni. É una tentazione troppo grande, supportata dalle buone probabilità di farla franca, perché l'area da controllare è immensa e i ranger hanno pochissimi mezzi. E anche l'esperimento di Zimparks di segare i corni dei pachidermi corazzati per evitare la loro uccisione è fallita perché il corno ricresce, come un'unghia'.
Rinoceronti neri (Diceros bicornis): 4.800
Rinoceronti bianchi (Ceratotherium simum): 20.170
Elefanti africani: 560.000
Fonte Iucn
Corno rinoceronte: da 250.000 a 300.000 dollari il chilo
Avorio: 250 dollari al chilo in Africa (900 dollari in Cina)
Fonte Zimparks
2007: 13
2008: 83
2009: 122
2010: 333
2011: 448
2012: 220 (al 22 maggio)
Fonte Rhino Conservation
Pubblicato il 28 marzo 2012 su Sette Green Corriere della Sera