FUGA FRUGIVORA

In Brasile, nel Maranhão, incontro con un uomo che ha scelto di cibarsi solo di frutta per fuggire dalla città e vivere in armonia con la natura

La mattina alle otto un vecchio veliero lascia São Louis, capitale del Maranhão, per Alcàntara, l'antica cittadina portoghese che sorge sull'altra sponda della baia. Un'ora e mezza di viaggio sul mare increspato dal vento, che gonfia le vele rattoppate del veliero issate da vecchi marinai neri in un'atmosfera da racconto di Salgari. Sul ponte della nave incontro Joao Igreja, Janito meglio conosciuto come Gaivota (in portoghese significa gabbiano). Capelli e barba lunghi e incolti circondano occhi grandi in un viso cotto dal sole, il corpo secco e forte di chi vive all'aria aperta. Giunti al Alcàntara, Gaivota mi invita nella sua casa. Un'abitazione rustica all'interno del villaggio, che domina da un lato il mare ed il piccolo porticciolo e dall'altro il fiume che si perde nella foresta all'orizzonte. Mi offre un mamão (papaia) e mi racconta la sua vita. Vive qui da otto anni. É stato marinaio. Ha abitato a Rio de Janeiro. Poi per vent'anni ha curato affari immobiliari per la marina militare spostandosi fra Rio e São Paulo. A quarantotto anni, dopo una vita spesa fra la frenesia delle metropoli brasiliane e l'edonismo di Copacabana, ha compiuto una scelta drastica: ha lasciato il lavoro, la famiglia e le luci della città per rifugiarsi nell'eremo naturale in cui mi trovo.

 Una scelta radicale. Un piccolo villaggio all'equatore fra la giungla e l'Oceano. Il desiderio di ritornare alle origini, di realizzare l'utopia di una vita in 'totale armonia con la natura'. Nella sua casa non c'è acqua nè luce elettrica. Le candele illuminano i discorsi della notte. L'acqua si trova alle fonti, a pochi passi da casa. Fra banani, manghi e cocchi l'intero villaggio si lava alle sorgenti: dove uomini, donne e bambini, nudi senza inibizioni, giocano e scherzano un po' maliziosi. Da otto anni, Gaivota si lava e lava i suoi indumenti alla sorgente usando solo acqua; shampoo, sapone e detersivi sono per lui un ricordo del passato. Al centro del suo ritorno alle origini vi è però l'alimentazione: la raccolta della fase primaria, in una terra dove gli alberi grondano di frutti ed il lavoro dell'uomo consiste nell'allungare la mano per coglierli. Gaivota è frugivoro: si nutre di sola frutta. Si ciba così dal giorno in cui giunse ad Alcàntara e, partendo dal suo regime alimentare, ha elaborato una filosofia medico comportamentale che se da un lato non coincide con le conoscenze occidentali, dall'altro si rivela per lui un autentico toccasana.

 Sostiene che l'uomo non deve coltivare la terra ma vivere di sola raccolta. 'L'agricoltura – dice - è un'alterazione dell'equilibrio naturale ed ha inserito l'uomo in una spirale produttiva che lo ha portato a tagliare la foresta ed a considerare nemici gli animali che, seguendo il loro istinto, danneggiavano i campi per cibarsi'. Alle mie obiezioni sull'impossibilità di vivere di raccolta nei nove decimi del mondo, replica prontamente: 'L'uomo, come hanno dimostrato le ricerche antropologiche, è originario dei Paesi tropicali ed è lì che deve vivere. Le sue migrazioni in regioni non idonee alla sua sopravvivenza gli hanno generato bisogni innaturali, mettendolo in contrapposizione con la natura e creando gli squilibri ambientali che tutti conosciamo'. Gaivota sostiene inoltre, con una convinzione dogmatica tipicamente latino-americana, che: 'La dieta a base di sola frutta combatte la malattia eliminando il dolore. I cibi di origine animale, invece, occludono i vasi generando il male. Solo la frutta con la sua azione idratante, antinfiammatoria e purificante libera l'uomo dalla sofferenza fisica'.

 La transizione da un'alimentazione normale a questo regime è stata graduale. Ma una volta completata, Gaivota afferma di essersi trovato di fronte ad un'autentica rinascita fisica. Nel suo passato metropolitano soffriva di reumatismi, emicranie, mal di gola e iperacidità. 'Tutti questi disturbi li ho lasciati fra le affollate vie di Rio de Janeiro'. Crede che il processo di cicatrizzazione delle ferite sia ora più rapido e non degeneri mai in infezioni. Persino la caduta dei capelli sembra essersi arrestata. In effetti la sua criniera è folta e non dimostra certo i suoi 56 anni. Si muove agilmente, con una notevole forza fisica, nel corpo di un atletico quarantenne. Una dieta di sola frutta permessa anche da una natura generosa che fornisce all'uomo, attraverso i suoi prodotti, tutti gli elementi di cui necessita. Persino il fuoco qui appare superfluo: 'sono gli infuocati raggi del sole a cuocere i frutti sugli alberi facendoli maturare'. Unico vizio il caffè (come si potrebbe rinunciarvi in Brasile?), preparato a volte come infuso nel succo di goiaba (guava). Un'altra piccola eccezione, per i giorni più ventosi, è la confettura che ricava facendo stracuocere la goiaba. La sua giornata inizia con un'abbondante garàpa, il succo ricavato torchiando la canna da zucchero: è molto energetica oltre che digestiva. Una prima colazione con papaia: ottimo per lo stomaco è il frutto più equilibrato, con proprietà antinfiammatorie ed idratanti. Tagliata a metà la usa come una ciotola macerandoci dentro piccole banane, poi mangia il tutto aiutandosi con un cucchiaio. I semi di papaia, mi insegna, sono uno dei rimedi più efficaci per la pulizia intestinale.

Quando il sole dell'equatore domina la giornata scoraggiando ogni attività, ci si abbandona sull'amaca e si apprezza l'ospitalità di chi costruendo la casa ha saputo sfruttare il refrigerio degli alisei. A quell'ora si gustano i frutti più rinfrescanti: l'abacaxì (ananas) e la croccante carambola. Se il caldo si fa più intenso, Gaivota mette le carambole (un frutto agrodolce a base stellare fornito di vistose costole) in un'ampia terrina di legno e le pesta con una pietra levigata fino a ricavarne l'aspro succo, il più dissetante e raro fra i succhi di frutti brasiliani. Il pomeriggio, indugiando sulla spiaggia o vagando fra una sorgente e la foresta, si beve l'acqua del cocco verde e, una volta scolata, si spacca la noce con un colpo secco di machete per cibarsi della polpa. Nel Nord del Brasile il cocco è tutto. Ci si ricava il latte per cucinare e per preparare le batidas ed altri cocktail a base di cachaça (acquavite di canna), l'olio per cucinare ma anche per abbronzare e idratare la pelle. Il cocco maturo lo si addenta a pezzi o lo si usa per preparare la cocada, un croccante diffuso da Bahia a tutto il Nord-est. Oppure lo si grattugia per usarlo come ingrediente di numerosi dolci. I tronchi delle palme da cocco sono le travi, quando non i muri delle case dei villaggi; i lunghi rami sono usati per fabbricare i tetti. Le noci seccate alimentano i fuochi sulla spiaggia attorno a cui si spende la notte ballando.

'La goiaba è il mio pane', afferma Gaivota addentando la polpa rossastra e compatta del piccolo frutto. La goiaba ha un elevato valore nutritivo e contiene molta vitamina C. Il Maranhão però offre frutti assai più generosi. Le arance sono verdognole ma il loro succo è dolcissimo. I lime vengono spremuti su zucchero e cachaça per preparare la caipirinha: il più popolare drink brasiliano. Le piante di mango si trovano nei giardini di tutte le case e i loro frutti, grossi come meloni, pendono dai rami. I semi di maracujà (frutti della passione) schiacciati in qualsiasi liquido lo invadono con il loro sapore incisivo. L'abacate (avocado), ricco di grassi, è l'ideale per il pasto serale. La melanzia (anguria) ha dimensioni impressionanti e rinfresca sia a fette che in succo. Il melão (popone) è persino troppo dolce. Fra le infinite varietà di banane, vi è una qualità minuscola incredibilmente zuccherina; il tipo più comune è invece tozzo, largo e corto con la polpa color del salmone e la buccia rossa; infine le prata, lunghe fino a trenta centimetri, avvolte in una buccia verde sono utilizzate solo in cucina, qui come in gran parte dell'America centro-meridionale vengono affettate e fritte per essere poi servite come contorno, crude invece allappano la bocca. Poi lo stuzzicante cajù (anacardi), le noci brasiliane e gli amindui (arachidi) da sgranocchiare. Ma per aiutare il tempo a trascorrere pigro i frutti migliori sono i grappoli di pitomba, un frutto che non assomiglia a nulla di conosciuto, i suoi chicchi dolci-aciduli pendono da rametti secchi avvolti in bucce marroni pelose. I  pitomba sono un po' il simbolo di quest'isola d'umanità che vive al di fuori delle regole del mondo: è sera, Gaivota sbuccia uno a uno i suoi chicchi e, illustrandomi la sua utopia, mi rivela: 'La mia vera arte è fuggire dalla città'. 

Pubblicato su La Gola nel 1992

28/06/2011

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