Suggerimenti per viaggiare senza mangiare carne in Medio Oriente, una regione non proprio vegetariana. E le ricette per ritrovare i sapori arabi, anche vegani, a casa propria.
I Paesi arabi e il mondo islamico in generale non sono i luoghi più facili dove viaggiare per un vegetariano. Chi non mangia carne si scontra con un problema culturale: l'islam è una religione nata tra le tribù di beduini, allevatori nomadi che traevano dalla carne di pecora il loro principale nutrimento. E sviluppavano i loro rituali uccidendo, cucinando e mangiando il montone. Come durante l'Aid-el-Kebir, la festa del montone, o meglio il giorno dello sgozzamento in cui si sacrifica una vittima per commemorare il simulacro dell'immolazione d'Ismaele (il nome arabo di Giacobbe) da parte di Abramo, suo padre. Ma ciò non significa che in questi Paesi un vegetariano non riesca a viaggiare restando fedele alla sua dieta e ai suoi principi. Anche perché gli arabi arrivando sul Mediterraneo hanno incontrato la cultura degli orti e la tradizione di mangiare verdure.
Non c'è alcun problema in Libano, Siria e Giordania (hanno una cucina molto simile tra loro) dove i ristoranti servono una schiera di mezze, antipasti a base di legumi e verdure, come hummus (purè di ceci); tahina (salsa di burro di sesamo, yogurt ed erbe aromatiche); baba ganush (puré di melanzane, olio d'oliva, burro di sesamo, limone, aglio e varianti erbe aromatiche); tabuli (insalata di burghul, grano spezzato); melanzane, zucchine e peperoni alla piastra; olive e varie verdure crude. Come snack, dall'Egitto all'Oman e al Libano si trovano i falafel (polpette di farina di ceci, a volte di fave, con prezzemolo, coriandolo, cipolla e aglio). Sono diffusi in tutti Paesi piatti a base di lenticchie, soprattutto le rosse decorticate. E il ful, uno stufato di fave cucinato senza alcun tessuto animale. In Egitto il piatto nazionale è il ful medames, a base di favini marroni - molto simili a fagioli, aglio, prezzemolo, olio d'oliva, limone e cumino. Il ful è il cibo più economico, diffuso però indistintamente tra i tutti i ceti sociali: viene mangiato soprattutto come prima colazione avvolto nel pane non lievitato insieme a pomodoro e cipolla crudi e salsa tahina. L'origine del ful è fatta risalire al tempo delle piramidi, un antico detto arabo recita infatti: 'le fave hanno reso felici persino i faraoni'. E ovunque si trovano ottime chorba (minestra) di verdura. In Oman poi un quarto della popolazione è formata da indù di origine indiana ed è diffusissimo il thali vegetariano e altre speziati piatti del Subcontinente a base di verdura e legumi. Attenzione invece ai couscous legumes del Maghreb (Tunisia, Algeria e Marocco) perché spesso ceci e verdure sono lessati in brodo di carne.
Ana Nabateeya: sono vegetariana
Ana Nabatee: sono vegetariano
Mish Akool Lahma walla Ferekh khalis: non mangio assolutamente carne né pollo
Ingredienti: 3 melanzane medio-grandi (1 kg in totale), 2 cucchiai di tahin (burro di sesamo), 1 cucchiaino abbondante di sale, 1 limone, 3 spicchi d'aglio, 1 peperoncino piccante, 1 cucchiaio di olio d'oliva, mezzo mazzetto di prezzemolo (o di coriandolo).
Portare il forno a 190°C. Infornare le melanzane intere in una teglia e cuocere per 45 minuti. Nel frattempo pestare l'aglio e tritare peperoncino e prezzemolo. Togliere le melanzane dal forno e lasciare raffreddare, quindi tagliare a metà e togliere il loro contenuto con un cucchiaio, metterlo in una terrina e mescolarlo con aglio, peperoncino, prezzemolo, tahin, limone e olio d'oliva. Mescolare fino ad amalgamare il tutto. Il baba banush è un piatto di Paesi molto caldi, dove viene refrigerato a lungo (fino a 5 giorni perché i sapori si fondano in un nuovo gusto) e spesso servito freddo. La scelta è vostra, come è vostra la possibilità di modificare gli ingredienti a seconda del vostro palato: le versioni possono essere infinite.
É il piatto nazionale libanese, ma è popolarissimo col nome di ta'amia anche in Egitto, dove la comunità cristiano-copta ne rivendica la paternità. Al di là delle leggende che arrivano ad attribuire la ricetta agli antichi egizi, il piatto ha probabili origini cristiane perché si è diffuso soprattutto nei Paesi mediorientali abitati dalle comunità maronite (Libano), cattoliche e copte (Palestina ed Egitto). É diffusissimo anche in Israele.
Ingredienti: 400 gr di ceci secchi, 4 cipollotti con i gambi verdi, 3 spicchi d'aglio, 3 cucchiai di farina, 1 mazzetto di prezzemolo, 2 cucchiaini di coriandolo (in polvere o meglio fresco), 1 cucchiaino di cumino, 1cucchiaino di lievito, 1/2 cucchiaino di peperoncino rosso in polvere, olio d'oliva e sale.
Lasciare i ceci a bagno in acqua fredda per 24 ore. Scolarli, eventualmente pelarli, e schiacciarli fino a ridurli a una poltiglia. Pestare l'aglio e tritare finemente i cipollotti coi gambi verdi e il prezzemolo. Mescolare tutti gli ingredienti e lavorarli a lungo con le mani fino a ottenere una pasta omogenea, soffice e consistente. Coprire l'impasto con un canovaccio e lasciare riposare per 30 minuti. Dividere l'impasto in polpettine rotonde grandi come una pallina da ping-pong, rotolarle tra mani infarinate così da fargli assumere una forma sferica regolare e compatta. Lasciare riposare per altri 15 minuti. Scaldare l'olio d'oliva in una padella e, quando sfrigola, farci friggere i falafel fino a farle completamente dorare. Servire caldi insieme a fette di pomodoro e salsa tahina. Il modo più comune di mangiare i falafel è con questi due ingredienti all'interno una pitta (pane non lievitato) arrotolata: uno snack mediorientale gustato spesso camminando come fosse un sandwich. Una piccola e deliziosa variante nella preparazione, prevede di rotolare le palline prima della cottura in un piatto ricolmo di semi di sesamo, le polpettine diventeranno più aromatiche e croccanti.
Ingredienti: 50 gr di tahin (burro di sesamo), 150 gr di yogurt naturale, 1spicchio d'aglio, 10 foglie di menta fresca, 1/2 cucchiaino di peperoncino rosso in polvere, 1 pizzico di sale.
Pestare l'aglio. Lavare e tritare la menta. Mescolare in una ciotola tahin, yogurt, aglio, menta e sale aiutandosi con una forchetta. Quando sono ben amalgamati, coprire il tutto a pioggia col peperoncino in polvere. Esistono un'infinità di varianti di tahina che impiegano, oltre a questi ingredienti base, limone, olio d'oliva o di sesamo, cumino, coriandolo, basilico, prezzemolo e tutta la gamma di erbe aromatiche mediorientali. In pratica, come fanno le casalinghe arabe: partendo da questa ricetta base, è possibile sperimentare dosaggi e ingredienti fino a scoprire la tahina più adatta al proprio gusto. Attenzione! Per amalgamare gli ingredienti, non usare il mixer né il frullatore: ridurrebbero la tahina a una salsa liquida, mentre la sua consistenza deve essere cremosa. La tahina oltre a essere impiegata come mezze, sola o insieme ai falafel, è adatta ad accompagnare verdure lesse o alla piastra e insalate.
Ingredienti: 200 gr di burghul (grano spezzato) , 2 cipollotti coi gambi verdi, 1 mazzo di prezzemolo, 10 foglie di menta fresca, il succo di 2 limoni, 3 cucchiai d'olio d'oliva, 3 pomodori maturi, 1 cespo di lattuga (decorativo), sale e pepe.
In una terrina, coprire il burghul d'acqua fredda e lasciarlo ammollare per 2 ore. Pulire e tritare finemente i cipollotti compresi i gambi verdi. Lavare e sminuzzare le foglie di menta e prezzemolo. Pelare i pomodori e ridurre la loro polpa a pezzetti. Lavare e asciugare le foglie di lattuga. Quando il grano spezzato si è ben ammollato, scolarlo attraverso un colino premendo con un cucchiaio in modo da fare uscire tutto il liquido. Versarlo poi in una terrina amalgamandolo insieme ai cipollotti, le foglie di menta e di prezzemolo, l'olio d'oliva, il succo di limone, il sale e il pepe. Poco prima di servire, aggiungere il pomodoro a pezzetti. Servire disponendo una foglia di lattuga per piatto e riempiendola di tabbuli aiutandosi con un cucchiaio. É un piatto molto popolare di cui esistono diverse ricette, nelle quali non cambiano tanto gli ingredienti quanto i loro dosaggi: adattateli perciò a secondo del vostro palato. A causa delle numerose etnie presenti in Libano esistono anche diversi modi di scriverlo o translitterarlo dall'arabo: tabbuli, tabbouli, tabbouleh, tabbuil.
Ingredienti: 500 gr di farina, 25 cl circa d'acqua tiepida, 20 gr di lievito di birra, 2 cucchiaini di sale, 1 pizzico di zucchero, 2 cucchiai d'olio d'oliva e 2 cucchiai d'olio di sesamo.
Stemperare il lievito in 4 cucchiai d'acqua tiepida e lasciarlo riposare per 15 minuti. In una terrina mescolare la farina con sale e zucchero, disporre il tutto sui bordi del recipiente e disporre nel centro il lievito e l'olio d'oliva. Versare molto lentamente l'acqua calda amalgamandola alla massa con l'aiuto di una forchetta. Spostare l'impasto su di un piano infarinato e lavorarlo con le mani per almeno 15 minuti o fino ad ottenere una pasta levigata, omogenea e compatta (non deve più essere appiccicosa). Ungere esternamente la pasta con l'olio di sesamo, coprirla con un canovaccio e lasciarla riposare per almeno un'ora, o finché il volume non sarà raddoppiato. Accendere il forno e portarlo al massimo. Ripresa la pasta, lavorarla ancora per qualche minuto sul tavolo infarinato. Dividere la massa in palline della dimensione di un uovo, e trasformarle, usando un mattarello, in dischi dello spessore di circa 3 mm, infarinarli, coprirli con un canovaccio e lasciarli lievitare per altri 20 minuti. Quando il forno è caldo, ungere la teglia interna di olio, infornarla e lasciarla per 10 minuti, finché sarà arroventata. Disporre a questo punto i dischi nella teglia, infornare e lasciare cuocere per 8-10 minuti senza mai aprire il forno: la pitta dovrà gonfiare e colorarsi. Ripetere l'operazione fino a cuocere tutti i dischetti.
In tutto il mondo arabo il pranzo termina con frutta fresca. Ciò non significa che non vi sia un'arte della pasticceria, anzi l'uso dei dolci arrivò in Europa proprio dal Medio Oriente dove, poco prima della conquista islamica, era stato introdotto lo zucchero dall'India (il Paese in cui, alcuni millenni prima di Cristo, fu raffinata la canna da zucchero, una pianta originaria della Papua Nuova Guinea). Anche la pasta di marzapane, a base di mandorle, bianco d'uovo e zucchero cotti al forno, giunse in Europa dal Medio Oriente; il suo nome deriva anzi dall'antica moneta araba mauthaban, un termine impiegato più tardi anche per indicare un'unità di misura. In molti Paesi arabi preparare o regalare dolci è simbolo d'amicizia, di felicità e allegria. Li si compera o confeziona in particolari occasioni, esistono anzi pasticcini diversi per celebrare matrimoni, nascite, ritorni da viaggi o pellegrinaggi alla Mecca, o particolari ricorrenze dettate dalle fede musulmana. Ibn Giobayr, uno scrittore andaluso del Medioevo, narra, in una cronaca del suo pellegrinaggio alla Mecca, che, nel mercato all'aperto che circondava la sacra Moschea, si vendevano dolci dalle 'figure di esseri umani o in forma di frutti, esposti su letti di gala, come fossero sposi'. L'usanza di confezionare dolci con le sembianze di coppie di sposi, risale probabilmente a costumi pagani e feticisti precedenti a Maometto; ha però resistito alla bufera rivoluzionaria dell'islam e sopravvive ancora oggi in diversi paesi. Gli ingredienti base di questa pasticceria sono l'acqua di petali di rosa e di fiori d'arancio (usate per aromatizzare); il miele; i datteri; le mandorle, la pasta che se ne ricava e il marzapane; i pistacchi (originari dell'Iran); la fila, letteralmente in arabo vuol dire foglie e indica una particolare specie di delicatissima pasta sfoglia; oltre chiaramente a zucchero, uova, burro e farina. Secondo la leggenda la pasticceria araba ebbe inizio il giorno dell'incontro dei beduini del deserto coi contadini delle pianure della Mesopotamia: i datteri, alimento base per i nomadi, furono snocciolati e farciti con una semplice mandorla. Successivamente arrivarono influenze iraniane che mutuavano pasticcini, marmellate e gelatine assaporate da secoli in India e in diverse regioni dell'Asia centrale.
Insieme al caffè si diffuse anche il costume di sorseggiarlo accompagnato da pasticcini. Il caffè (originario dell'altopiano dell'Etiopia, fu introdotto in Yemen) arabo è preparato in modo simile a quello turco, facendo bollire in un bricco l'acqua insieme al caffè macinato finemente, spesso viene però aromatizzato con chiodi di garofano e soprattutto cardamomo; spezie che i mercanti arabi importavano da Calicut, sulla costa di Malabar (corrisponde all'attuale Kerala, India sud-occidentale), dove erano giunti con le loro navi già nell'undicesimo secolo.
Ingredienti: 250 gr di datteri, 250 gr di farina, 125 gr di burro, 50 gr di zucchero.
Snocciolare i datteri e sminuzzarli. Metterli in una casseruola e spruzzarli con 4 cucchiai d'acqua. Farli cuocere a fuoco lento, senza mai smettere di mescolare con un cucchiaio di legno, per 15 minuti o finché non assomigliano a un paté. Toglierli dal fuoco e lasciare raffreddare. Tagliare il burro a pezzetti e versarlo in una terrina insieme alla farina, impastare il tutto con le mani aggiungendo 2 cucchiai d'acqua. Spostare la massa su di un piano di lavoro infarinato e continuare a impastare per alcuni minuti, fino ad ottenere una pasta omogenea. Coprirla con un canovaccio e lasciarla riposare per 30 minuti. Accendere il forno e portarlo a 180°C. Dividere l'impasto in palline del diametro di 3-4 cm, modellarle con le mani infarinate e scavare un buco premendo col pollice della mano destra, farcirle con un cucchiaino di paté di datteri e richiudere l'apertura premendo la pasta con le dita. Ripetere l'operazione fino a farcire tutte le palline. Imburrare una teglia e disporvi i bocconcini. Infornare e lasciare cuocere per 20-25 minuti. Se cominciano a scurirsi, ricoprire la teglia con un foglio d'alluminio. Toglierle dal forno, lasciarle raffreddare e glassarle con lo zucchero fuso nel frattempo in una casseruola.